Esattamente come può accadere per un sogno, ci sono viaggi che restano per anni chiusi in un cassetto. Li tieni lì, custoditi come una promessa da mantenere, finché un giorno, senza un vero motivo se non l’urgenza di vivere, decidi che è tempo di partire. Così è stato per Giampiero Giovannetti, 55 anni, e Giulia Bertaccini, 23 anni: un sogno lungo oltre 25 anni che nell’anno del Giubileo ha finalmente preso forma, trasformandosi in un viaggio autentico, a misura d’uomo e di cavallo.
In sella a cavalli italiani
Da Verghereto, in località Alfero, al cuore del Lazio, alle porte di Roma, il passo dei loro cavalli ha scandito nove giorni di lentezza e meraviglia. Giampiero, in sella a Sonno, un solido Tolfetano abituato ai sentieri della macchia mediterranea; Giulia, sul dorso di Marlena, una Bardigiana dal passo generoso e dal cuore forte. Insieme, hanno attraversato le terre di Toscana e Umbria, seguendo i “Fumaiolo Sentieri”, il Cammino di San Francesco, l’Alpe della Luna, il Cammino della Luce, fino a fiancheggiare il Tevere sin dalle sue sorgenti, per poi avvicinarsi a Roma lungo la Francigena, passando per Orte e Vejo.
Nove giorni in sella lungo sentieri storici, dall’Emilia Romagna, alla Toscana all’Umbria fino al Lazio
Un viaggio di connessione, prima di tutto con se stessi e poi con la natura. Un viaggio dove la vera conquista non era l’arrivo a destinazione, ma la possibilità di vivere ogni tappa, ogni incontro, ogni respiro con un’intensità nuova, dimenticata.
«Non ci interessava correre, volevamo assaporare ogni chilometro», racconta Giampiero. «Ogni alba, ogni odore del bosco, ogni pausa accanto ai cavalli è stata parte integrante di questo sogno.»
Un viaggio sostenibile tra natura, storia e biodiversità
«Una delle tappe più belle è stata quella in cui abbiamo sostato a Calcata Vecchia» ci racconta Giampiero.
Si tratta di un singolare borgo medievale in provincia di Viterbo, che viene spesso definito come “luogo magico” dai suoi abitanti. Cosa che posso confermare dopo averlo visitato. Il fascino di questo borgo è dato da un insieme di elementi che lo caratterizzano come la sua incredibile posizione su uno sperone di tufo, le sue case a strapiombo sul burrone che lo circonda, il contesto naturale lussureggiante delle colline circostanti, il silenzio che pervade i suoi vicoli, le case che hanno mantenuto il fascino del borgo storico e la tenacia dei pochi abitanti di mantenere intatto questo patrimonio culturale.
Nell’anno del Giubileo, un viaggio a cavallo che celebra la lentezza e la riconnessione
L’ingresso a Roma era previsto come tappa simbolica, quasi spirituale. Ma le date del viaggio hanno coinciso con la scomparsa di Papa Francesco, e la capitale era, in quei giorni, avvolta dal dolore e da un inevitabile sistema di sicurezza che ha reso impossibile proseguire fino a Piazza San Pietro.
«Ma non è stato un limite – spiega Giulia – perché ci siamo resi conto che la nostra meta era il viaggio stesso. Siamo arrivati a Prima Porta, alle soglie di Roma, e quello per noi è stato sil traguardo. Avevamo già trovato ciò che cercavamo: tempo, silenzio, consapevolezza.»
Non è stato un percorso semplice: chilometri di sentieri, gestione dei cavalli, notti in tenda o in ripari di fortuna. Ma proprio questa dimensione essenziale ha fatto la differenza. Lontano dai ritmi frenetici, hanno potuto sperimentare un modo di viaggiare sostenibile, lento e rispettoso degli animali e dei territori attraversati. Marlena e Sonno non sono stati mezzi di trasporto, ma veri compagni di viaggio, ognuno con la propria personalità e i propri tempi.
Il Tevere è stato un filo conduttore silenzioso: vederlo nascere tra le pietre del monte Fumaiolo e seguirlo mentre cresceva, si allargava, diventava fiume. Una metafora perfetta di questo viaggio: si parte piccoli, si cresce lungo il cammino, si arriva trasformati.
Una menzione speciale anche agli altri componenti del team che hanno garantito un prezioso supporto logistico per l’intera durata del viaggio, accompagnando con discrezione, ma con grande competenza e disponibilità ogni fase di questo itinerario straordinario. Senza di loro, molti passaggi sarebbero stati più difficili da affrontare. Grazie di cuore a Stefano Mancini, Giorgio Gabrielli e Nadia Capacci. Questa storia ci ricorda che non serve attraversare oceani per vivere un’avventura. A volte basta riscoprire il nostro paesaggio, abbandonare l’idea di “arrivare” e lasciarsi guidare dalla voglia di camminare, di ascoltare il rumore degli zoccoli sulla terra, di respirare i boschi.
Perché, in fondo, come insegna ogni vero viaggiatore, è il viaggio che ci cambia. Non la meta.
Testo di Annalisa Parisi